Il lavoro di pubblica utilità è una sanzione penale consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato.
La prestazione di lavoro, ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; oppure nel settore della protezione civile, della tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.
L’attività viene svolta presso gli Enti che hanno sottoscritto con il Ministro, o con i Presidenti dei Tribunali delegati, le convenzioni previste dall’art. 1 comma 1 del D.M. 26 marzo 2001, che disciplinano le modalità di svolgimento del lavoro, nonché le modalità di raccordo con le autorità incaricate di svolgere le attività di verifica.
Originariamente, la sanzione era prevista nei procedimenti di competenza del giudice di pace, ai sensi dell’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 274.
Lo spettro di applicazione della sanzione è stato successivamente allargato a numerose e diverse fattispecie penali, che hanno configurato il lavoro di pubblica utilità come una modalità di riparazione del danno collegata all’esecuzione di diverse sanzioni e misure penali, che vengono eseguite nella comunità.
Attualmente trova applicazione anche:
Nei casi di violazione del Codice della strada, previsti all’art. 186 comma 9-bis e art. 187 comma 8-bis del d.lgs.285/1992;
Nei casi di violazione della legge sugli stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 comma 5 bis del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309;
Come obbligo dell’imputato in stato di sospensione del processo e messa alla prova, ai sensi dell’art. 168 – bis del codice penale, introdotto dalla legge 28 aprile 2014 n, 67;
Congiuntamente alla pena dell’arresto o della reclusione domiciliare, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. i) della legge 28 aprile 2014 n, 67, ancora in attesa della regolamentazione prevista dai decreti legislativi in corso di emanazione;
Come obbligo del condannato ammesso alla sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 165 codice penale e art. 18 – bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale
L’Ufficio di esecuzione penale esterna può essere incaricato dal giudice di verificare l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa a favore della collettività, eseguita presso gli Enti convenzionati.
Più specifici sono i compiti dell’Ufficio di esecuzione penale esterna nei casi di sospensione del procedimento e messa alla prova.
L’Ufficio concorda con l’imputato la modalità di svolgimento dell’attività riparativa, tenendo conto delle sue attitudini lavorative e delle specifiche esigenze personali e familiari, e raccordandosi con l’ente presso cui sarà svolta la prestazione gratuita.
Il lavoro di pubblica utilità diventa parte integrante e obbligatoria del programma di trattamento per l’esecuzione della prova che è sottoposto alla valutazione del giudice nel corso dell’udienza.
Nel corso dell’esecuzione, l’Ufficio cura l’attuazione del programma di trattamento, svolgendo gli interventi secondo le modalità previste dall’art. 72 della legge 354/1975, informa il giudice sull’adempimento degli obblighi lavorativi, sulla necessità di eventuali modifiche o inosservanze che possano determinare la revoca della prova.
Il lavoro di pubblica utilità è anche una modalità di attuazione del programma di trattamento del detenuto ammesso al lavoro all’esterno ai sensi dell’art. 21, comma 4 – ter dell’ordinamento penitenziario introdotto dal decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, convertito nella legge n. 94/2014 ma per quest’ultima tipologia la competenza è dell’istituto di pena dove la persona è detenuta
Come svolgere il lavoro di pubblica utilità presso la nostra Pubblica Assistenza
La nostra Associazione è convenzionata con il Tribunale di Modena, il quale ha sottoscritto ha definito uno specifico protocollo operativo che coinvolge oltre al Tribunale stesso anche la Procura della Repubblica, l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (UEPE), la Prefettura e le Forze di Polizia.
Presso la nostra Pubblica Assistenza è dunque possibile svolgere il lavoro di pubblica utilità, previa espressione da parte dell’Associazione di una “disponibilità” ad accogliere il condannato.
La disponibilità viene espressa in ragione del numero di richieste pendenti e di inserimenti in corso e delle condizioni di fattibilità che vengono valutate di volta in volta dal Consiglio Direttivo.
La disponibilità può essere richiesta in forma scritta con una delle seguenti modalità:
Tramite posta elettronica all’indirizzo: direzione@avapformigine.it
Tramite PEC all’indirizzo: avapformigine@pcert.postecert.it
Tramite Raccomanda a: AVAP FORMIGINE Odv – via Sant’Onofrio 3 Formigine (MO)
Consegnata a mano alla segreteria
La richiesta di disponibilità, preferibilmente indirizzata dal difensore dell’imputato, deve necessariamente contenere:
Le generalità complete (cognome e nome, luogo e data di nascita, residenza) della persona di cui si chiede la disponibilità all’inserimento per l’espletamento del lavoro di pubblica utilità e nominativo del difensore di fiducia o d’ufficio
Il numero di iscrizione del procedimento nel Registro Generale Notizie di Reato della Procura della Repubblica di Firenze e, se disponibile, il numero di iscrizione nel Registro G.I.P.
Il titolo di reato per cui il soggetto è imputato
L’eventuale sussistenza di precedenti penali
L’attività/occupazione del soggetto imputato
A seguito della richiesta il Consiglio Direttivo valuta la disponibilità all’inserimento ed, in caso di positivo, predispone una “lettera di disponibilità” che il difensore dell’imputato dovrà produrre al Giudice competente.
Lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità
La sanzione viene disposta dal Giudice su richiesta dell’imputato, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art 444 del codice di procedura penale (patteggiamento).
Con la sentenza di condanna il giudice individua il tipo di attività, nonché l’ente o l’amministrazione dove deve essere svolto il lavoro di pubblica utilità.
La prestazione di lavoro non retribuita ha una durata corrispondente alla sanzione detentiva irrogata.
L’attività disposta dal Giudice comporta la prestazione di non più di sei ore settimanale da svolgere con modalità e tempi, concordati con l’Associazione, che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.
Tuttavia, se il condannato lo richiede, il Giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali.
La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.
L’esecuzione del lavoro di pubblica utilità viene pianificata in un apposito “programma” e verificata dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna e dagli organi di Polizia Giudiziaria, i quali riferiscono periodicamente al Giudice.
In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, su richiesta del pubblico ministero, il giudice che procede o quello dell’esecuzione (con le formalità di cui all’art. 666 del codice di procedura penale), tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della sanzione con il conseguente ripristino della pena che era stata sostituita.
A tale scopo l’Associazione provvede immediatamente a segnalare al Giudice, alla Procura della Repubblica e all’Ufficio Esecuzione Penale Esterna ogni violazione del concordato programma relativo al lavoro di pubblica utilità e delle disposizioni impartite dal Giudice per lo svolgimento dello stesso.